FAMIGLIA PÌNTHA

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Appena qui sotto c’è il sedime della famiglia Pìntha.

La casa prima del disastro
Il sedime

Sono morti Giacomo con la figlia Maria Luisa, la mamma era in Prada perché erano i giorni che si cavavano le patate.

Giacomo
M.Luisa

Nella casa accanto l’onda ha travolto i fratelli: Giampietro, Assunta e Delfina. La mamma era in ospedale ad assistere il loro papà Giovanni che si era fatto male mentre lavorava a Castellavazzo.

Gianpietro, Assunta e Delfina

Vittoria, la sorella di Giacomo e Giovanni, ha ricordi nitidi di quei giorni.

All’epoca del disastro abitavo a Claut, quel giorno ero andata a Belluno per fare visita a mio fratello Giovanni che si trovava in ospedale; a Erto era salita in corriera mia sorella Domenica e lungo la strada vidi che stavano trasferendo le mucche dal monte Toc a Casso. Le chiesi il perchè e lei mi rispose che la montagna era in pericolo. Di solito, negli anni precedenti, le mucche venivano trasferite in paese i primi giorni di novembre.

La mattina del 10 ottobre 1963, mentre stavo portando mio figlio all’asilo, una signora di Claut che si chiamava Gina mi chiese se avevo sentito alla radio della frana del monte Toc; successivamente incontrai il parroco don Elvino che mi fece la stessa domanda e mi disse che era meglio che non andassi a vedere. Io, preoccupata, chiesi a Lorenzo, un mio compaesano, di portarmi a Erto. Giunta a S. Martino, i militari lasciavano passare solo i parenti, perciò il mio amico tornò indietro da solo. Da lì, capii che dove c’era la mia casa, in località “Le Spesse” non c’era più niente. Percorsi circa 3 chilometri senza rendermene conto, non so se avevo corso o camminato, finché giunsi nel punto in cui c’era la mia casa, ma non era rimasto nulla! Svenni, mi riportarono in paese e mi risvegliai su un tavolo, accanto a mia sorella che era stata chiamata. Lo stesso giorno iniziarono a far sfollare la gente, mia sorella, con mio nipote e mia cognata si trasferirono a Claut a casa mia. Il giorno successivo io e mia cognata Norma ci recammo a Belluno attraversando la Valcellina e Vittorio Veneto perché dalla parte di Longarone non esisteva più la strada. Volevamo informare nostro fratello dell’accaduto; egli aveva già intuito qualcosa vedendo giungere in ospedale tanti feriti. Chiese notizie a mia cognata delle due figlie di 16 e 17 anni e del figlioletto di 2; lei non rispose, erano morti tutti, assieme ad altri familiari. Con loro era morto anche mio fratello Giacomo, il più anziano, assieme alle due figlie e a due nipoti di uno e due anni. In quei giorni i morti ritrovati venivano portati vicino alla stazione di Belluno per il riconoscimento. Ritornai a Claut e il dolore fu fortissimo, quel dolore che non mi è mai passato e non passerà mai perché il ricordo è sempre presente.

Le immagini fotografiche restituiscono momenti di vita davanti alla casa.

Ricordi nel cortile di casa
Ricordi nel cortile di casa
Ricordi nel cortile di casa

Ora attraversa la strada per visitare gli altri sedimi.

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