FAMIGLIE PIN DE LANGA, SUSCIARA E DURO

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Le case di Pin de Langa, Suscìara e Duro

In questa piccola schiera di case abitavano tre famiglie.

Qui sei davanti al sedime della famiglia di Pin de Langa. Solo lui si salvò perché lavorava in cava Buscada. Grande la disperazione quando raggiunse Le Spesse.

La sua casa non c’era più. Era morta la moglie Maria, la suocera Rosa e Toni de Davide, il cognato che aveva sposato sua sorella Angelica e quella sera si era fermato qui. Angelica era morta prima del disastro, abitavano in Valcassana.

Maria
Antonio
Rosina
Antonio e Angelica

Testimone di quel dolore il medico del paese: Della Putta Felice Fràmbol.

Felice, medico della Condotta Consorziale di Cimolais.

…Ricordo che la sera del 9 ottobre ero andato a Erto, nel bar di mia sorella Giòta. E ci rimasi fino alle 20 e 30, 21.00 circa e poi tornai a Cimolais.

Mi ero da poco coricato, ma mi ero già addormentato quando mi venne a chiamare la moglie del sindaco De Damiani, dicendomi di recarmi subito ad Erto perché era crollata la diga. Non feci altro che vestirmi e partire.

Da quel momento non smise di aiutare i paesani.

…Per tre giorni non ebbi un attimo di respiro.

Non feci altro che correre da Cimolais a Claut, da Cellino ad Erto per consolare quei poveri disperati che l’onda aveva risparmiato, ma non potevo offrire altro che qualche parola di conforto e qualche sedativo.

Verso le quattro del terzo giorno, mi chiamarono i carabinieri, a Patata. Volevano che facessi un’iniezione a Pin de Langa che era impazzito dal dolore, non faceva altro che piangere e urlare e non voleva lasciare quella soglia, unico segno rimasto della sua casa.

Non mi fu possibile, riuscii soltanto a fargli inghiottire una trentina di gocce di Valium, ma per dimostrargli che non gli avrebbero fatto male, dovetti berne un poche anch’io. Io però crollai come un ceppo e lui continuò a urlare e piangere quasi per tutta la notte.

Cice de Fràmbol

Stalla e Baracca Pin de Langa

Il nipote Italo Germano, poco tempo prima del disastro era salito a Erto per salutare gli zii prima di partire per il servizio militare. Era nell’aria la preoccupazione di quei giorni per il Monte Toc, ormai tutti parlavano del pericolo.

Rivede la cucina economica a legna, risente il calore che si diffondeva nella stanza e il profumo del minestrone. Non ha dimenticato neppure la baracca di legno dove il nonno Felice lavorava il legno.

Pin, dove sorgerà il sacello
Il sedime

Due giorni dopo il disastro, Italo Gemano, in Vespa tornò a Erto percorrendo la Valcellina. Guardandosi intorno gli rimase impressa la corteccia degli alberi bombardata di fango dalla ferocia dell’acqua.

Indelebile il ricordo dello zio Pin seduto sulle macerie della casa, incapace di staccarsene e di proferire parola. Per tre mesi lo portarono a casa loro. La notte non riusciva a dormire.

Il vecchio Pin lo descrive anche lo scrittore Mauro Corona

Il suo ultimo impiego era stato alla cava di marmo del monte Buscada, sopra il paese di Erto. Si trovava lassù la sera che il monte Toc scivolò nell’acqua del lago artificiale.

…“ Udimmo un forte rumore  mi raccontava e pensai che qualcosa fosse successo alla diga.”

Al mattino scesero tutti. Lui, in silenzio, la giacca sulla spalla come usava quando andava di fretta si diresse verso la sua abitazione al Colle delle Spesse. Non trovo più nulla. Della sua casa rimaneva soltanto il pavimento di lastre antiche. E neanche le altre esistevano più. L’intera frazione era scomparsa. Restavano soltanto  gli impiantiti di pietra, incollati alla terra biancastra come francobolli, che la furia dell’acqua non era riuscita a strappare.

Buttò la giacca su un sasso e si sedette sopra. Arrotolò una sigaretta.

Solo quando ritrovò tra le macerie un semplice cerchietto d’ottone, di quelli usati per far scorrere le tende ma che per Pin era la fede matrimoniale della moglie travolta dall’onda, lo pervase un senso di tranquillità.

Dopo tante vicissitudini finì all’ospizio di Longarone.

Quando la morte lo colse, gli inservienti controllarono i suoi indumenti.

…Dal taschino interno di una giacca saltò fuori anche un cerchietto d’ottone, di quelli che servivano un tempo a sostenere le tende delle cucine.

Dopo una rapida occhiata gli assistenti si affrettarono a buttare tutto nel cassone dell’inceneritore assieme ad altre povere cose appartenute all’anima semplice del vecchio Pin.

Ricordare è facile

per chi ha memoria.

Dimenticare è difficile

per chi ha cuore.

G.G. Márquez

Nel sedime accanto a Pin de Langa hanno perso la vita il papà Antonio, i figli Maria Luisa, Wanda e Osvaldo e la nonna Margherita.

Casa Suscìara e Duro
Antonio
Osvaldo Pietro
Maria Luisa
Vanda
Margherita
Angelica davanti alla case Suscìara e Duro
Maria Luisa alla fontana
Antonio
Il sedime

Il figlio Adriano era al lavoro a Trieste insieme ad altri ertani. Stavano realizzando una galleria ferroviaria. La distanza era tanta dal paese e a casa tornava molto poco. Un compaesano di un altro cantiere gli portò il giornale, seppe così quello che era successo.

Il suo pensiero andò alla sua casa, alla sua famiglia. Non c’era più nulla. 

Nell’ultima casa di questa schiera abitava invece la famiglia Duro. Persero la vita Maria Luigia e Antonio.

Il sedime
Maria Luigia
Antonio

Arriva presso la fontana.

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