CASA NANI GIAMBONÌN

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GRADINI DI PIETRA

Gradini di pietra, sei gradini, unici testimoni di una casa cancellata dall’acqua. A fianco, la base della mangiatoia con una parte dell’anello usato per legare le mucche ci ricordano l’esistenza della stalla. Dominava dall’alto di Cèva la casa di Nani, appena sotto la strada costruita dalla SADE.  La figlia Franca ricorda ogni particolare. Il papà era solo quella notte, il resto della famiglia si salvò perché era in paese dove avevano anche un’osteria. È l’unica vittima di questa località.



CASA DI NANI GIAMBONÌN 

–  Quando venne chiaro guardammo… Tutto era cambiato, non c’erano più né case, né prati, capii che anche mio padre era stato travolto.

Da pochi anni il papà aveva sistemato la casa, prima era solo una piccola dimora per conservare il fieno. Le mucche le tenevano in una stalla poco lontano, verso i Ornérs, da Bambicélo. Avevano i prati di loro proprietà da falciare.

Una croda diventò parete della dispensa, un altro locale la cucina e accanto la stalla. Per accedere alla camera e al fienile c’erano i gradini di pietra esterni, quelli che l’onda ci ha lasciato. Poco distante il casone della famiglia Canón lo utilizzavamo noi. Lì avevamo le galline e i tacchini. Da marzo fino in prossimità delle festività dei Morti mio padre stava in Cèva ad accudire il bestiame e a far fieno. Qualche sera rientrava in paese. Gianni e mia mamma si fermavano spesso a dormire. La sera del disastro erano tornati a Erto perché il nipote doveva andare a scuola. Io stavo in osteria e mia madre andava avanti e indietro dal paese a Cèva. Avevamo anche un piccolo campo giusto per seminare un po’ di patate, ora l’onda ha portato via la terra fertile e ha lasciato solo argilla. Prima di innalzare la casa c’erano dei ciliegi enormi, mio padre li aveva tagliati e uno l’aveva lasciato a misura di tavolo, stava proprio non lontano da un gradino di pietra. Intorno aveva piantato meli e peri. Ricordo che un anno erano particolarmente carichi di frutta tanto che il papà dovette metter dei sostegni ai peri perché i rami non si spezzassero per il troppo peso. Dietro alla casa, un sentiero portava a un piccolo ruscello, dovevamo sempre tenere pulito il suo letto dal fogliame per poter attingere l’acqua. Dopo la costruzione della strada fu realizzata la vasca. Eravamo fortunati ad avere l’acqua così vicina e comoda. Era davvero un bel posto. Alla sera con Bépi de Milào che abitava in Marthàna, unica vittima in quella frazione, si facevano un po’ di compagnia. Ogni giorno al papà portavamo un fiasco di vino che bevevano volentieri e tra un sorso e l’altro quattro chiacchiere. 

Oggi davanti a quei pochi segni lasciati è rinverdito il prato e gli alberi cresciuti in questi anni nascondono le ferite lasciate dal passaggio dell’onda, ma Franca snocciola i nomi di chi abitava sotto di lei. Sono i proprietari delle case espropriate: Guerrino, Nélo, Tonin de Tòfol, Canón, nonna Rosina…

Ricorda il sentiero tracciato falciando una striscia d’erba perché Olivo, il cugino che perse la vita al Colombér dove con la famiglia gestiva un bar, quando scendeva a pescare in riva al lago, non si bagnasse le scarpe nei prati rugiadosi.

Dalla finestra lo sguardo si posava verso il paese, la casa in Cèva era di fronte al centro abitato e proprio davanti alla loro abitazione. Nel silenzio ci si poteva chiamare a gran voce da una sponda all’altra del torrente Vajont e del lago dopo.

Ma comunicavano anche con un codice di segni e gesti.

uno panno bianco steso sulla terrazza di casa indicava che avevamo bisogno di lui in paese e la sera era il papà che accendeva la lanterna in Cèva per dirci che necessitava di aiuto.

 Prima del lago e della costruzione della strada, per arrivare in paese da Cèva, Marthàna e Ornérs si percorrevano i sentieri scendendo fino al torrente e attraverso un ponte di legno sul Vajont si raggiungeva l‘altra sponda dove il sentiero si inerpicava fino a raggiungere il paese.  Con la nuova strada le distanze si accorciarono, si potevano usare la bicicletta o le rare auto.

– Mio papà si spostava con la bicicletta e con lui sempre il suo cane. Aveva anche cercato di nasconderla in Marthàna tra i cespugli, ma lui capiva al volo quando il padrone partiva per andare in paese. Non c’era verso di imbrogliarlo, si liberava e lo seguiva.

Mio fratello Cice aveva comprato una coppia di colombi bianchi e li aveva portati qui in Cèva. Un giorno arrivò la poiana e portò via la femmina. Il maschio le corse dietro. Ormai non c’era più speranza di rivederli. Invece ritornarono insieme.  Quanto doveva aver lottato per liberarla. Il maschio infatti aveva riportato la femmina a casa, ma poco dopo lui morì.

Una storia d’amore, un volo di colombi nel mare dei ricordi.

 

Sono Gianni, un bambino di sei anni. Tra qualche giorno compirò 7 anni. Sono figlio di Felice de Giambonìn e Lidia de Carnìar e ho due nonni, Maria de Segàt e Nani de Giambonìn. Viviamo tutti in una casa grande a Erto insieme a mia zia Franca e altri due fratelli, Maria Rosa e Bruno, più grandi di me. A Erto abbiamo anche il bar dove lavora mia zia e anche una stalla dove in inverno mettiamo le vacche. A Erto ho tanti amici e quando sono a casa gioco a biglie con loro. Ma mi piace di più stare in Cèva dove abbiamo una casa con la stalla.

Qui è un posto meraviglioso, sembra un paradiso.

Vicino c’è il gè de Marthàna che è quasi sempre secco. Viene l’acqua solamente quando piove e vicino a noi c’è la baracca di Canón.

Il nonno sta facendo una cunetta con le pietre per l’acqua che viene giù dalla fontana. Qui passiamo la maggior parte dell’anno perché abbiamo tanto lavoro, fare la legna, facciamo il fieno per l’inverno, diamo la caccia alle talpe, portiamo anche il latte dal casaro.

Attorno a noi ci sono i prati falciati e tenuti in ordine. Sotto c’è il “mare”, è grande e stupendo. L’acqua sommerge tutto e vedere quel grande “mare” fa impressione. Ogni tanto il papà va a pescare. Quando andiamo a portare il latte passiamo sulla strada che costeggia i prati e le stalle dei nostri vicini con cui dividiamo questo meraviglioso posto, ci sono vicino anche gli alberi da frutto che in primavera con i loro fiori fanno veramente vedere ancora più bello questo posto. La nostra casa ha la stalla, la cucina e dietro una dispensa, dove teniamo le forme del formaggio e qualche salame, sopra la stalla c’è il fienile dove mettiamo il fieno in deposito per l’inverno, a fianco c’è la camera da letto. Il nonno e la nonna litigano spesso, però si vogliono molto bene e anche a me. Quando mia nonna vede che il nonno non arriva a casa in orario si innervosisce e si arrabbia con tutti, finché non arriva il suo Nani. Così in serenità trascorriamo le nostre vite. Oggi è il 9 ottobre è venuto a prendermi mio padre perché domani devo andare a scuola e con la vespa passiamo sopra la diga e ci fermiamo a salutare i miei cugini che hanno un bar appena sopra la diga, e poi raggiungiamo Erto. Io dopo mangiato vado a dormire perché domani devo svegliarmi presto e tra tre giorni compio gli anni. Spengo la luce e buonanotte.
Ps: quella luce non la accenderò mai più.

Ciao

Gianni 

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