9 ottobre 1963 ore 22.39, la frana si stacca dal monte Toc e un’onda sconquassa la nostra valle.
Boato che scuote il silenzio di una notte
sensazione di un temporale
acqua
rumore di sassi che rotolano
alberi che si piegano
luci che si spengono
corsa in strada
voci
urla…
Il centro storico di Erto con le sue case addossate una vicina all’altra non è stato travolto dall’acqua, così ogni pietra può continuare a raccontare la disperazione di quella notte. La maggior parte delle persone era già a letto o stava per coricarsi e qualcuno si era attardato al bar. Ognuno qui in paese ha vissuto quei momenti con paura e incredulità.
Dalla loro voce cogliamo quegli attimi. Mentre le voci si rincorrono, file di persone scappano verso l’alto. Nelle orecchie l’incessante brontolio del Toc.
… Mentre servivo il bicchierino sentii il banco tremare e muoversi. Scappai verso la porta pensando al terremoto o al Toc, quando arrivai fuori vidi una schiuma bianca verso il Vajont e pioveva mentre il cielo era sereno. Nel momento in cui vedevo questo sentii un forte boato e subito vidi verso il Toc le lastre bianche della frana. In quel momento uscirono in strada i carabinieri. Marietta in camicia da notte, quelle de Dhan mezze nude. La comère, l’ostetrica Elsa e altra gente, tutti urlavano. Arrivò pure il parroco che cercava di calmare la gente. In bottega scesero Tanta e Giòta mentre io presi i quattro ragazzi e mi diressi verso le case più alte arrivando da Ian de Milào.
Mina, dal bar di Giòta de Fràmbol
Molte persone del paese furono ospitate nella casa di Iàn de Milào, è quella tinteggiata di rosa, appena sotto la pizzeria Stella. Maria, la moglie di Ian ricorda quella sera.
Mentre ero a letto ho sentito tutta la casa tremare, mi sono alzata e sono uscita in terrazza. Ho visto tutta la gente che correva e parlava che era franato il Toc.
…La mia casa che è un po’ distante dal paese era piena di persone di tutte le età e parlavano tra loro.
Anche Amabile, la figlia che aveva otto anni, ha impresso nella memoria il trambusto di quella notte.
Eravamo tutti a dormire. Io dormivo con mia mamma perché mio padre era via per lavoro. All’improvviso sentiamo un boato e la porta della camera si apre. Mentre mia mamma si veste tengo la porta. I miei fratelli che dormivano al piano di sopra, sono scesi di corsa e sono andati in paese per vedere cosa fosse successo. Noi abitavamo un po’ fuori dal centro. Sono ritornati dicendoci che era franato il monte Toc. Da quel momento in poi, in casa, c’è stato un via vai di persone e la nostra cucina era piena di gente. C’erano persone adulte e bambini. La camera di mia madre era composta da un letto matrimoniale e uno singolo. In men che non si dica i letti erano pieni. In quello matrimoniale eravamo in sei: tre sulla testata e tre in fondo al letto. Praticamente a incastro tipo puzzle. In quello singolo allo stesso modo dormivano in quattro.
Mercoledì 9 ottobre 1963. Avevo nove anni, frequentavo le elementari. In casa c’eravamo solo io e mia madre Sabina, mio padre Giuseppe era morto tre anni prima nel lavoro di costruzione delle gallerie di scarico del lago verso Cimolais, le mie sorelle erano altrove. Ricordo che avevamo fatto pulizia e riordinato alcuni cassetti della credenza e poi ci eravamo coricate verso le 21.30. Quando mia madre mi svegliò, scrollandomi vigorosamente, credevo di aver dormito molto, ma erano solo le 22.40.
“Maddalena alzati, non so cosa sia successo, ma certamente qualcosa di grave, senti sulla strada, tutti scappano, per l’amor di Dio, svelta, fuggiamo!”
Maddalena
Ricordo che quella sera avevamo giocato in casa fino a tardi, io e i miei fratelli. Ci si divertiva con dei giocattoli vecchi mentre la mamma parlava con un amico di famiglia. Ogni tanto ci sgridava finché un certo punto andammo a letto. Dormivamo tutti in una stanza perché mio padre mancava essendo fuori a caccia da diversi giorni. All’improvviso sentii la mamma urlare: “Viene giù il Toc”.
… quando fuggimmo, mia madre aveva lasciato una nostra zia sordomuta e vecchia dicendo che prima portava in salvo noi. Io tornai con grande paura a riprenderla e piano piano la portai da Pinòto. Ancor oggi ricordo con piacere quel gesto d’affetto, Mentre andavamo da Giulio de Davide vedevo delle donne con bambini piccoli, avvolti in fasci di coperte, salire per la ripida strada.
Mauro Corona.
Verso le 10.30 sentimmo un piccolo boato, la luce traballò due o tre volte, seguì un secondo terribile boato e questa volta mancò la luce. La prima volta non ci venne in mente subito la frana, se non quando sopraggiunse il secondo boato e si ripeté a lungo, Patrizio disse: “Il Toc è caduto”.
Giacomo Milào
E alla luce del giorno ciò che apparve davanti ai loro occhi era indescrivibile e scese il gelo.
Prosegui fino al parcheggio in prossimità del cimitero.
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