Poco distante da qui c’era la casa di Menolìn. Le tracce non sono più visibili. Persero la vita Domenico da noi chiamato Menolìn e la nipote Domenica.
…Menolìn possedeva una segheria azionata dalla forza dell’acqua dal Molìn, chiamata così perché nel passato serviva i Molìns de le Spesse, le cui macine appartenevano alla famiglia Rabàlta. Quando questa zona fu espropriata ricostruì i fabbricati appena a monte della linea dell’invaso e ottenne dalla SADE la corrente elettrica necessaria per il funzionamento della propria attività.
Sfruttava l’innalzamento dell’acqua del lago artificiale per far salire il legname residuo della dismessa segheria o provenienti dal taglio dei suoi boschi che sarebbero stati sommersi dall’acqua facendolo galleggiare su di essa, trattenuto alla terraferma da corde in ferro, che ogni tanto doveva riposizionare più in alto, considerato che l’acqua del lago cresceva continuamente. Ora, camminando ai margini di quello che fu l’invaso, si possono ancora notare i legni di Menolìn, allacciati a dei cordini di ferro confusi con legni che componevano: tetti, solai, finestre, porte credenze, letti, culle, appartenenti alle famiglie scomparse nel nulla.
…La figura di Menolìn è per me una delle tante indimenticabili. Uomo di poche parole e di meno sorrisi, era cordiale con noi ragazzi, nella sua rusticità. Sapeva suonare con maestria il violino e la fisarmonica semicromatica.
Paolo Filippin
Il figlio di Menolìn, Felice Filippin Làzzeris che abitava lontano, amava scrivere e ci ha lasciato tanti racconti della sua vita di soldato in Russia nell’ultima Guerra mondiale, del suo peregrinare da venditore ambulante e del suo borgo.
E qui ogni albero rinato dove più nulla c’era, racchiude nelle sue radici i respiri lasciati nella terra da chi non c’è più.
Accarezzarli è toccare il profondo delle anime che vagano tra cielo e terra.
Li animutis del Vajont
Il giorno dopo il disastro della diga del Vajont, a Montereale ci fu come un’invasione di piccole farfalle,
Si posavano sui muri e volavano attorno alle lampade lungo le strade.
Anche vicino alla casa di mia nonna ce n’erano tantissime e i bambini tiravano loro i sassi.
Allora uscì Anita una vecchietta di ottanta anni e li rimproverò:
“Non disturbatele, lasciatele stare, sono le anime di quella sfortunata gente che è morta nel Vajont”
Istituto Comprensivo Montereale Valcellina. Testo raccolto dall’insegnante Maria Grazia Magris tramite l’alunno Canzi Luigino.
Nel centro visite del Parco Dolomiti Friulane trovate un’installazione particolare. Girando le manovelle con le vostre mani si accendono miriadi di farfalle: sono battiti d’ali per la Memoria.
Scendi per un breve tratto per arrivare all’ultimo sedime.
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