LA FUGA, IL RIFUGIO
I superstiti al sopraggiungere dell’onda corsero istintivamente verso l’alto lungo il sentiero che stai percorrendo. Seguiamoli nella loro fuga.
…arrivammo dove inizia il sentiero per Mesàth, dopo quattro o cinque metri c’è un sentiero che ti porta al torrentello. Ci riparammo lì. Sentimmo un vrrr brr… Era l’onda che passava.
Damo de Śepin
…giunti lassù c’era chi piangeva, chi era scalzo, chi nudo, chi tutto insanguinato, dai loro volti traspariva la paura e l’avvilimento. Accendemmo il fuoco con la disperazione nel cuore.
Franca de Benéto
Casa Ditta
Nonostante continuasse la paura, i superstiti si adoperarono per cercare chi mancava all’appello. Le case che vedi sono state invase dall’acqua e dal fango, ma risparmiate. Una sola, quella della famiglia Ditta, che puoi vedere volgendo lo sguardo oltre la casa più vicina a te, fu sventrata dall’onda, che trascinò con la sua forza le piccole Giovanna e Nives, poi ritrovate vive sotto le macerie , e la nonna materna, Anastasia, che morì poco dopo per le ferite riportate. Anche l’altra nonna delle bambine, Maria, che abitava nella casa a fianco, fu travolta dall’onda poco fuori l’uscio di casa. Il suo corpo fu trovato in un prato distante dall’abitazione.
Altre persone, se pur scaraventate lontano come fossero foglie, rimasero ferite ma miracolosamente sopravvissute.
Clara racconta: ero in casa con i miei genitori, mio fratello Elio e l’amico Tonin, venuto a salutarci. Eravamo ragazzi e ci piaceva ascoltare la radio. Per questo tardammo un po’ a udire le urla di richiamo che giungevano dall’esterno e, usciti di casa, ci trovammo all’improvviso con l’onda sopra di noi. Io riuscii a sfuggirle ritrovandomi riparata sotto il muro di cemento della strada mentre gli altri furono trascinati via. Non erano insieme perché l’onda li aveva sparpagliati qua e là, dove aveva voluto. Mia mamma e mio fratello Elio più lontani di tutti.
IL FAGGIO
Sulla sommità del colle continua a proteggerci il faggio che custodisce il dolore di una notte. Ed è memoria.
Un albero mi è particolarmente caro. È il faggio guardiano del colle.
Ora è cresciuto, allora era piccolo. È qui che accendemmo il fuoco, la notte del disastro.
C’erano persone bagnate. L’onda le aveva sfiorate.
Appendevano i panni sui suoi rami, per asciugarli.
Per molto tempo, ormai ridotti a brandelli,
rimasero impigliati finché, con il vento e la pioggia, volarono via.
Quel faggio è un ricordo. Guai a chi me lo tocca.
Adamo
Scendiamo ora in direzione della parte bassa di Pineda.
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