FAMIGLIE ARCANGELÌN E CHÉCO

Ascolta l'audio

Nel primo sedime a destra hanno perso la vita  Enrica, moglie di Arcangelìn, e i figli Costantina e Marco. Marco era nato nel 1962, di lui neppure una fotografia. Un angelo lo ricorda.

Il papà e la nonna Maddalena si salvarono perché quella notte non c’erano.

Casa di Arcangelìn prima del disastro
Enrica e la figlia Costantina
Il sedime di Arcangelìn

Doris aveva la casa vicino a lei e racconta.

…e ricordo Maddalena affacciata alla finestra che mi chiama, a me piaceva andarci perché giocavo con Veronica la gattina grigia di Arcangelìn, ma soprattutto con la scatola dei bottoni. Era una scatola di latta arrugginita colma di bottoni di tante forme e colori, pure quelli di ferro forse delle divise militari… ma i miei preferiti erano quelli ricoperti di stoffa colorata con disegnato un fiore. Un giorno me ne regalò uno, lo misi vicino al piccolo campanellino nel cestino che mi aveva fatto il nonno e che usavo per raccogliere le nocciole.

Oggi, amo pensare che “quella notte” un bimbo abbia udito il campanellino, preso il cestino e il bottone col fiore rosso.

Olivo, Bepìno, de Tita, Crochéto, Enrica e in braccio Costantina.

In questa fotografia Enrica e sua figlia sono presso la fontana, luogo di incontro e socialità. Era proprio a fianco alla strada; pochi gradini e si arrivava alla casa di Arcangelìn, per poi proseguire lungo il sentiero e raggiungere le ultime case del borgo.

Famiglia Chéco

… questo “altare” ci incuriosisce sicuramente. Si tratta di un “cenotafio”, di una “tomba vuota”, un lavello in pietra che la pietà dei sopravvissuti ha trasformato in “Monumento alla Memoria”. Sulla superficie obliqua è stata incisa una frase che motiva la scomparsa di queste persone e nel contempo accusa in modo preciso i “colpevoli”: “Per causa della SADE e delle altre autorità competenti la morte vi ha travolti nel letto dormendo”.

…Qui non c’è la frana, ma l’eco sinistro della tragedia si è cristallizzato su questi pavimenti, su questi lumini, su queste immagini di cimitero…

Giovanna Franceschini

Il sedime

Era la casa di Mariìna, mamma dei gemelli Claudio e Raffaelo e dello zio Checo. Il papà e l’altro figlio Benìto erano lontani per lavoro.

Sono impressi nella memoria i ricordi di Fulvia, Doris e Rachele.

Checo, Mariìna, Claudio e Raffaello
La casa di Checo
Particolare della casa

Quel lavello lo vedevi quando entravi, anche oggi è lì ma sotto un cielo di stelle. Davanti a casa c’era il cortile e poi un fazzoletto di prato con un melo basso e nodoso. Checo, dalla lunga barba cercava di farsi vedere burbero, le mele per me e le mie sorelle erano sempre pronte, ma non tollerava che fossimo noi a staccarle da quei rami. Era più forte di noi e almeno una la dovevamo portare via, quasi una sfida.

Checo

… e rivedo zia Mariìna che sorridente ci invitava a entrare, mi vedo seduta con Benito, zio Checo, zio Svalt sulla paledàna intorno al fuoco felici di ritrovarci… quanto era bello quel grande fuoco! Dalla cappa scendeva la catena con appeso un grosso scialdhrùth colmo d’acqua fumante… rivedo Claudio e Raffaello con le braccia colme di legna che gettavano sul fuoco… risento il crepitio della fiamma… la miriade di faville rincorrersi su nel camino… e poi racconti… risate.

Mariìna
Claudio e Raffello
Claudio e Raffaello
La corona dei coscritti

…Ricordo che nella casa dello zio Checo, Svaldin cominciò a scavare col badile con la speranza di trovare qualcuno o qualcosa, ma l’acqua aveva cancellato ogni cosa.

Accanto all’abitazione di Checo c’era la casa della famiglia di Doris. Non erano in paese quella notte perché il papà si era stabilito in provincia di Brescia, ma in questa frazione aveva i fratelli. Sotto quel manto d’erba cresciuta negli anni era rimasta una piastrella moderna. Il tempo la scalfiva e allora Doris l’ha recuperata affidandola a un marmista e ora la conserva in casa.

Carle sulle macerie
Il pavimento della casa di Carle
Piastrella recuperata

Il papà di Doris, saputo della tragedia torna in paese e non trova più nessun segno di vita. Alla moglie e alla figlia scrive ogni giorno una lettera, informandole su ciò che vede o sente. Tra le righe si percepisce tutta la disperazione.

Una lettera di Carlo

Anche la figlia Doris, nella primavera del 1964, arriva a Erto in compagnia del papà. Ascoltiamo le sue parole.

Le chiavi di casa

…la cosa che più colpiva e disorientava era la quiete … quel silenzio assoluto, solenne, vedevo papà che mi parlava ma udivo la sua voce lontana, ovattata… e papà vicinissimo mentre finge di frugare nelle tasche e con voce che tradisce l’emozione mi chiede: “ le asto tu le cè’ da dhravì iò sciàsa, o se le sióne dismentigiàde ? (le hai tu le chiavi o ce le siamo dimenticate?) – Caro papà che nonostante il tuo dolore con la tua battuta sei riuscito a spezzare la tensione…

Doris ricorda anche i giaggioli che per un po’di tempo erano rinati davanti alla casa spazzata via dall’onda. Fiori che toccano le corde delle emozioni. Miracolo della natura.

…i giaggioli mi davano il benvenuto, a distanza di molti anni erano rispuntati due verdi ciuffettini.

…quando ritornavo quelle tenere piantine sembravano sussurrarmi:- Vieni non temere. Con emozione, in punta di piedi cercavo la soglia. Per qualche anno hanno ridato vita alla casa che non c’era più.

Il racconto e le immagini del viaggio di Doris e del papà per arrivare alle Spesse li potete trovare nel Centro Visite del Parco a Erto, in una sezione speciale intitolata “Ti rivedrò con gli occhi della Memoria”

SEI OFFLINE