PANÉC'

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Qui le vittime furono due sorelle. Solo Tina fu ritrovata.

Quell’estate del 1963 mia mamma non era in ottima salute e aveva trascorso parecchio tempo ricoverata prima all’ospedale di Belluno e successivamente presso quello di Padova. Io avevo passato l’estate con le mie zie Tina e Svaldòta e con i miei zii paterni. Quel giorno, il nove, rimasi con le mie due zie nella casa di Cèva. Alla sera verso le sei passò mio padre con il camioncino e mi disse che mi avrebbe portato a Erto da mia mamma, visto che da qualche giorno era stata dimessa e – domani torni qua.  Mi ricordo bene che quando salii sul camioncino mi accompagnò fino alla sovrastante strada la mia coetanea Ferruccia, una cugina che stava con la nonna nell’abitazione a fianco alla nostra. Era anche rimasta male perchè io andavo via, ma mio papà l’assicurò del mio ritorno già la mattina seguente. Partimmo e ci fermammo all’osteria di San Martino e poi rientrammo a Erto da mia mamma. Mio padre poi, dopo aver cenato ritornò via Ceva da mia zia Svaldóta a portarle delle medicine per il mal di testa. Mia mamma gli raccomandò di non fermarsi più all’osteria ma di tornare subito e cosi fece. Penso sia stata l’ultima auto a passare sul vecchio ponte Therentón. Purtroppo poco dopo essere andati a letto ci siamo dovuti rialzare. Il mattino seguente non ho potuto più tornare in Cèva dalle mie zie e a giocare con Ferruccia.

Dietro alle case c’era un sacello dedicato a Sant’Antonio.  La SADE lo demolì per costruire la strada e lo riedificò al di là della strada stessa, ma l’onda lo spazzò via.

Ho conservato la fotografia dell’inaugurazione di quel nuovo sacello.

Fernando 

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