La sosta è qui, al cimitero, che fu danneggiato solo marginalmente dall’onda.
Nel nostro Comune persero la vita 158 residenti, ma solo 15 furono ritrovati e riconosciuti subito dopo la tragedia e uno, tre anni più tardi, durante lo svuotamento del lago, insieme ad altre vittime non identificabili.
Alcuni residenti furono portati nelle acque del Piave come, per esempio, la famiglia di Bepino che aveva il bar presso la diga.
Morirono sei persone tra cui Rosa di soli 6 mesi. Colpiscono le parole della cugina Franca: – Lei “fu pescata” a Limana.
Sconvolgente immaginare quell’onda, culla di morte, che scavalca la diga e la porta lontana. Al polso conservava ancora il braccialetto con i suoi dati personali che consentì il riconoscimento. Pur essendo residente qui insieme ai suoi genitori, i nonni e lo zio fu registrata come vittima di Longarone.
Un’ordinanza del Sindaco del 13 settembre 1966 invitava la popolazione a segnalare la presenza di eventuali corpi che l’acqua restituiva.
Nei locali della scuola elementare, oggi Centro Visite del Parco, ricomposero le salme. Alcune furono ritrovate per strada, nei prati, altre galleggiavano nell’acqua del lago, pochissime riemersero scavando tra le macerie delle case. Furono predisposte tante bare che purtroppo rimasero vuote. I funerali delle prime vittime furono celebrati il 12 ottobre 1963.
Ora riposano nella cappella dedicata, ma fino al 1996 erano sepolte nella terra subito a destra entrando nel cimitero e ognuna aveva una croce.
Colpiva quella targhetta che riportava la dicitura: salma di donna non riconosciuta o salma di uomo non riconosciuto. In quelle parole, tumultuosi si affacciavano i ricordi di quei giorni. Nei pochi resti di quei corpi martoriati ognuno aveva sperato di riconoscere un proprio caro e nel dubbio tutti appartenevano a tutti. Non erano soli, i superstiti lasciavano un fiore e accendevano un lume.
Tutti in un attimo furono inghiottiti in un vortice di acqua, di fango, di bambole, di alberi, di pietre, di porte, di culle … e spariti.
La frase pronunciata da Tonina de Thòta racconta di un dolore immenso, tanto da aver ritrovato pace solo quando riconobbe il corpo del figlio:
…Il giorno che ho dato sepoltura a mio figlio è stato il giorno più bello della mia vita. Sono stati giorni terribili, ho visto salme in stati pietosi, di altre solo qualche parte del corpo. Il dargli sepoltura mi risollevò di un gran peso.
Per nove anni sono andata in cimitero a Calalzo o il sabato o la domenica. Ora riposa nel cimitero di Erto.
La famiglia di suo figlio era stata travolta dall’onda a Longarone.
Ritenendo che ci fosse pericolo di altre frane, a partire dal 10 ottobre tutti gli abitanti della valle furono costretti a lasciare il paese. La maggior parte furono trasferiti a Cimolais e Claut, con il divieto di ritornare. In occasione della Commemorazione dei defunti i parroci organizzarono e permisero di raggiungere il cimitero di Erto e Casso, per onorare i propri cari.
Questa immagine del Crocifisso, scolpita nel legno e orribilmente mutilata nella catastrofe del 9 ottobre 1963, è stata ripescata di recente nelle acque del lago presso la frazione Spesse. Forse, dalla parete domestica, sulla quale probabilmente era appesa, avrà colto, prima del funesto riposo, le ultime fiduciose orazioni di genitori stanchi dal lavoro e l’ultimo innocente sorriso di bimbi che guardavano con speranza alla vita.
L’Amico di famiglia Bollettino della Parrocchia di Erto Maggio 1964
Ora prosegui lungo la strada fino al traliccio.
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